LA STORIA DI SUHAYR

QUASI FAMIGLIA

Maria Pia e Suhayr abitano insieme da oltre un anno.

 

Pia, come la chiama affettuosamente Suhayr, è una persona curiosa, conviviale, socievole, estremamente attiva che in una fase particolare della propria vita ha deciso di accogliere nel suo appartamento una giovane rifugiata somala.

“In una casa così grande, non si può stare soli. Soprattutto di notte”.

A Pia piace condividere.

Emozioni, sentimenti, preoccupazioni, e perché no anche progetti futuri.

Per questo motivo decidiamo, come spesso accade, di farci invitare a casa sua per ascoltare gli stati d’animo del momento e quelli vissuti da entrambe nei mesi di lockdown.

“Adesso stiamo bene. Durante la quarantena abbiamo organizzato le nostre giornate in modo da tenerci impegnate per evitare di deprimerci a vicenda: ogni mattina 1-2 ore di grandi pulizie, quelle che di solito si fanno in prossimità delle grandi feste. Abbiamo così lucidato lampadari, risistemato balconi, arieggiato finestre e spolverato bene tutte le sedie. I pomeriggi invece dovevano essere liberi, ognuna poteva fare ciò che voleva.”

A Pia piacerebbe vedere Suhayr “sistemata”, con un contratto di lavoro a tempo indeterminato e un marito magari italiano che le sta accanto.

Suhayr è più riservata e taciturna di Pia, ciò nonostante ci svela che “la casa di Pia è un posto sicuro, dove non ci sono problemi. Pia è come un genitore che ti aiuta senza avere altri fini, senza chiederti nulla in cambio.”

Pia e Suhayr, nonostante le incomprensioni linguistiche o le differenze culturali sono riuscite a trovare un loro equilibrio, alla cui base c’è il bisogno reciproco di vicinanza.